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mercoledì 19 marzo 2014

e che cactus....

Creare con la pasta di mais è semplice e divertente, ecco come personalizzare un piccolo dott. cactus!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 



 
 
Video tutorial pasta di mais da youtube:
dal canale di: SCIMMIETTA1987
 



 
 

mercoledì 12 marzo 2014

Favusda casana
Ara la salla, gila ca zalla…Mata la tato, pata la vato...
Balanalica matacalica, in caratalica baranatalica!














per la foto: https://www.google.com/searchq=immagini&safe=active&source=lnms&tbm=isch&sa=X&ei=bDkgU-GaLorCtQaiz4DQAg&sqi=2&ved=0CAcQ_AUoAQ&biw=1013&bi

martedì 18 febbraio 2014

STRAPAZZAMI DI COCCOLE, Topo Gigio, 1974.


Anche i Tassi Barbassi si amano e spesso, come succede per voi uomini, il nostro amore si concretizza in una nuova creatura.

E’ tutto così meraviglioso ed emozionante.

Come tutte le zie del mondo, anche le Tasse Barbasse si dilettano con delle piccole creazioni rigorosamente hand made.

Proprio perciò ha affinato un metodo per ricamare a punto a croce, a prova di “ciompe”.

Ricamare un piccolo bavaglino a punto a croce sarà un gioco da Tassini.

Ecco l’idea:

Scegliere il bavaglino la trama aida da ricamare.


 

 

 

Scannerizzare e stampare l’immagine del bavaglino, se è necessario ingrandire la copia.
 

Sulla copia è possibile fare una bozza del nostro disegno, calcolando bene le misure e le distanze.

 

Scegliere il colore con il quale realizzare il ricamo e procedere.
 

Seguendo con attenzione il nostro schema, sarà semplice e veloce realizzare il nostro ricamo.

 


Ed infine un augurio speciale a tutte le future mamme e perché no anche alle future zie!

 


lunedì 10 febbraio 2014

Sentimenti a fisarmonica: la bellezza dello slancio vitale

Due parole mi frullano da qualche settimana in testa: bellezza e fisarmonica. Il fil rouge che li lega è l’energia, quella chimica umana e ancor prima universale che attraversa il tutto passando dal nulla, che si esplica nell’infinito e si fa comprendere solo in parte nel finito.

 

Come una danza che prende forma in ogni passo, la fisarmonica si espande e si ritira come fanno costantemente i nostri organi e la nostra pelle a testimonianza di quel movimento senza il quale non esisterebbe vita e grazie al quale ogni pensiero, ogni azione, ogni sentimento è possibile. Vista da questa prospettiva, la bellezza non è altro che una fotografia scattata con curiosità, la stessa che spinge un bambino a intraprendere il suo primo viaggio nell’utero materno per vivere il mondo, a vincere le prime battaglie che rafforzano il suo sistema immunitario rendendolo da un lato più permeabile al rischio e dall’altro più forte nelle scelte.

 

Rischio e scelta sono ritmati costantemente dalla fisarmonica che sicura narra le emozioni del momento, quelle che nascono nell’istante in cui le dita si poggiano sulle bottoniere per dare respiro e creare armonie e che altro non sono che continue riproposizioni, vestite di nuovo dai sentimenti, dalla storia di ognuno di noi, dagli sguardi poggiati per caso e scomparsi nell’oblio dell’inconscio e da quelli che accompagnano ogni attimo del presente; e ancora dalle carezze ricevute e da quelle desiderate, dai profumi che fanno vibrare l’anima e da quelli che non evocano niente di ieri ma lo stesso parlano molto di domani. Questo strumento così affascinante e popolare ridà il gusto di provare: è insieme un graffio e un abbraccio, una certezza del “io voglio” e un’incertezza del “ci sono”. E così è lineare nel tracciare le contraddizioni della volontà e delle aspirazioni date dall’uso spesso dubbioso del nostro saper fare.

Non esiste un attimo in cui non si sia se stessi: anche quando si mente siamo comunque noi con le nostre paure, le nostre ansie e le nostre aspirazioni. Certo arrivati a un certo punto la nostra natura si mostra nella sua autenticità attraverso la consapevolezza che è giunto il momento di scalare la montagna, di superare le colonne di Ercole per trovare la propria dimensione.

Il sogno, quello a forma di luce e dolce “al palato” stabilisce la rotta, diventa la mappa della scalata e come accade per il cercatore dell’Alchimista, ci fa andare verso qualcosa che diventa man mano più chiaro e comprensibile svelando di passo in passo il nostro cammino. Quello che sappiamo è che esso è ciò che ci tormenta finché non viene definito e che ci fa muovere affamati di conoscenza e di contatti, che ci spinge ad abbattere i muri e a costruirne di più alti quando si ha paura di crederci fino in fondo e ci trasforma in attaccanti di razza che li supera e come leoni ci fanno andare sicuri verso la meta.

Credo che ognuno di noi dovrebbe avere almeno un sogno nella vita, un obiettivo importante da raggiungere, un motivo profondo che ci induca a metterci in discussione e a migliorarci sempre più in questo mondo che ad oggi, come sosteneva Voltaire è ancora il migliore dei mondi possibili.

 
http://youtu.be/ow6fueCOOlw

sabato 8 febbraio 2014

VIAGGIO NEL TEMPO....


 
Si può viaggiare nel tempo? Credo di sì!

Non occorre scomodare tanta narrativa per sostenerlo o ardite teorie scientifiche per dimostrarlo. Basta entrare in un vecchio palazzo con gli stessi occhi con cui si affronta un viaggio in una nuova terra.

Entrare in una vecchia casa è come entrare all'improvviso in un'altra epoca: la disposizione di ogni mobile, di ogni oggetto non è casuale ma testimonia i modi e i ritmi di una vita passata, illustra in maniera minuziosa la vita domestica, la condizione sociale di una famiglia e le trasformazioni nel corso del tempo.

Si fa presto a dire “casa vecchia” o “rudere”, io ne sono convinto: qualsiasi rovina custodisce lo spirito di chi l’ha abitata.

Varcando la soglia penso che se entro in silenzio, in punta di piedi e con rispetto, sarò ricompensato.

Mi sento all’interno di un set cinematografico: si gira uno di quei film che all’improvviso passa dal bianco e nero al viraggio seppia e poi al colore.

Ed è proprio così: al mio transito le mura, all’apparenza cadenti e sbiadite riprendono immediatamente tono, indossando una luce calda, quasi aspettassero me, a destarle dal sonno e a strapparle dalla penombra.

Mi aggiro lentamente tra le stanze e la luce pian piano mi elenca nuovi ambienti. Il tempo non si è fermato: molti oggetti sono ancora lì quasi a fotografare le abitudini o gli ultimi gesti di chi le abitava. Una cravatta nera appesa al muro, ancora annodata, mi parla di un conto pagato al destino, tutto intorno dispense aperte e mensole sulle quali campeggiano vecchie suppellettili, travi bianche di calce.

Una scala in pietra mi conduce nel piano nobile. Attraverso una porta semichiusa e ancora una volta il riverbero fiacco della luce la fa da padrone: i riflessi su ciò che resta della carta da parati mi svelano l’anima signorile di quella dimora.

Entro in quello che un tempo doveva essere un salone, a destra due porte d’un azzurro sbiadito mi nascondono altre stanze, pochi oggetti sparsi per terra, tracce evidenti di chi è entrato alla ricerca di qualche tesoro, e il soffitto squarciato che spoglia le travi.

Davanti a me quello che cercavo: due sedie vuote ai lati di una finestra e l’ultimo sole che filtra dalle lastre opache.

Mi fermo davanti a quell’altare e penso: “Adesso sì, sto attraversando il tempo”.

Io lo so che qualcuno è ancora seduto lì, come una volta, ad aspettare un figlio che non torna, a placare un dolore, a misurare il tempo col respiro, a sgranare un rosario o semplicemente a rubare al giorno un ultimo raggio di sole.

 

domenica 2 febbraio 2014

Gli esseri più scientificamente creativi hanno cambiato il mondo!


La vita di un tasso barbasso sembra breve rispetto a quella di una sequoia ma ogni essere, proporzionalmente  all’aspettativa di vita della propria specie, è in evoluzione. Credo nell’energia che pulsa in ogni essere vivente.
Oggi vorrei condividere due parti di me che avverto come invalidanti: la mancanza di vera e profonda curiosità ed il mancato amore verso la matematica. Per quanto concerne il primo punto, spesso la mancanza di curiosità mi ha portato a godere del mondo in maniera passiva, senza spingermi oltre per capire il perché delle cose.
Per me l’arcobaleno è un emozionante, sorprendente ed effimero fascio di colori… il muschio cresce dietro di me…il cielo cambia umore sopra la mia corolla ed il sole splende o si nasconde. Mi sono sempre emozionato con semplicità. Per ciò che riguarda il secondo, pur avendo  intrapreso un iniziale percorso formativo di tipo matematico-scientifico, i numeri e le formule sono sempre stati lì a riempire pagine di quadernoni...!
A distanza di anni, e proprio mentre scrivo, penso che i matematici appassionati sono, secondo me, esseri sensibili che amano ritradurre in formula alchemica tutto ciò che li circonda cercando di dare una definizione ed un senso logico ad elementi microscopici e macroscopici, creando le basi ordinate di un universo in continuo movimento. Così grazie ad una mela quell’Uomo ci ha spiegato il perché del complesso tentativo di mantenere l’equilibrio! Ed altri Uomini e Donne hanno disegnato, col dito, il cielo usando le stelle come matite e dipingendo costellazioni!

 
Gli esseri più scientificamente creativi hanno cambiato il mondo! Quegli Esseri che hanno saputo magicamente unire la logica dettata dall’emisfero sinistro alla capacità creativa dell’emisfero destro dando ordine al mondo per poi metterlo in subbuglio! Non ho mai avuto la curiosità e la perspicacia di pensare ai numeri in maniera romantica. Purtroppo nella semplicità del mio essere tasso, non ho colto gli input che il mondo, tutto insieme, con la sua potenza,  mi lanciava. Preso dalla semplice meraviglia di cui sono sempre stato circondato, ammaliato dai colori, dalle forme, e dall’energia dei punti cardinali che mi regalavano prospettive e immagini diverse, mi perdevo passivo, chiedendomi perché e rispondendomi semplicemente: è così!

Ed in tutto questo rimuginare di pensieri mi è tornato alla memoria di aver conosciuto una sicura appassionata di numeri. Era una piccola e semplice Rosa, chiamata da tutti Rosetta. Un essere che, voglio credere amasse ed in un certo senso  trovasse  ragione e conforto nei magici numeri. Una Rosa che, più che per la sua bellezza, ricorderò per i suoi sorrisi, appena accennati eppure così profondi. Amava riempire i suoi petali di gioielli che oggi, voglio pensare, servissero a dare luce e speranza a numeri e formule! Introversa e riservata, buffa,  per certi versi, eppure un significativo incontro. Grazie!

giovedì 30 gennaio 2014

Valorizzare il dolore


 

La parola di stasera è Kintsugi  che significa “riparare con l’oro”. Si tratta di una tecnica giapponese di recupero di oggetti rotti, generalmente in ceramica, attraverso l’uso dell’oro, dell’argento o di altro materiale prezioso.

Mi ha molto colpito il fatto che la crepa nell’oggetto non venga nascosta ma valorizzata e resa visibile dal metallo prezioso. L’oggetto così riparato rinasce a nuova vita e diventa ancora più prezioso e unico perché è impossibile ritrovarne due con le crepe uguali.

E’ come nella vita, ogni tanto cadi e ti fratturi qualche osso, o molto più spesso scopri di aver il cuore pieno di incrinature, e allora cerchi di porvi un rimedio riparandole come meglio puoi.

A guarigione avvenuta resteranno le cicatrici che rendono ogni vita differente dalle altre. Ognuno porta con sé il proprio dolore, le proprie crepe che generalmente rendono più sagge le persone.

Il dolore non ti lascia mai uguale, dopo sei una persona irrimediabilmente diversa, spesso migliore.

Anche noi inconsapevolmente facciamo una sorta di Kintsugi: ripariamo le nostre ferite e le ricopriamo con ciò che abbiamo a portata di mano, talvolta oro, talvolta argilla, disegnando sulla pelle della nostra anima un fitto reticolo che spesso nessuno vede ma che soltanto tu riesci decodificare.
Te li porti sulla pelle questi segni, tatuaggi invisibili, ci sono ma nessuno per fortuna li vede: sono draghi, farfalle, teschi e cuori trafitti.
Rappresentano le passioni, gli incontri sbagliati, quelli mancati, i sogni che avresti voluto realizzare. Fanno parte di te e te li senti scolpiti sulla pelle.
Sono profonde scarificazioni dell’anima, murales trasparenti sulle pareti della tua esistenza.
Ferite insomma e graffi che, se emergessero per davvero, non lascerebbero libero un centimetro di pelle. Ognuno di noi ce li ha, dentro.



Fonte foto: http://thecitylab.net/2013/06/06/kintsukuroi/