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giovedì 30 gennaio 2014

Valorizzare il dolore


 

La parola di stasera è Kintsugi  che significa “riparare con l’oro”. Si tratta di una tecnica giapponese di recupero di oggetti rotti, generalmente in ceramica, attraverso l’uso dell’oro, dell’argento o di altro materiale prezioso.

Mi ha molto colpito il fatto che la crepa nell’oggetto non venga nascosta ma valorizzata e resa visibile dal metallo prezioso. L’oggetto così riparato rinasce a nuova vita e diventa ancora più prezioso e unico perché è impossibile ritrovarne due con le crepe uguali.

E’ come nella vita, ogni tanto cadi e ti fratturi qualche osso, o molto più spesso scopri di aver il cuore pieno di incrinature, e allora cerchi di porvi un rimedio riparandole come meglio puoi.

A guarigione avvenuta resteranno le cicatrici che rendono ogni vita differente dalle altre. Ognuno porta con sé il proprio dolore, le proprie crepe che generalmente rendono più sagge le persone.

Il dolore non ti lascia mai uguale, dopo sei una persona irrimediabilmente diversa, spesso migliore.

Anche noi inconsapevolmente facciamo una sorta di Kintsugi: ripariamo le nostre ferite e le ricopriamo con ciò che abbiamo a portata di mano, talvolta oro, talvolta argilla, disegnando sulla pelle della nostra anima un fitto reticolo che spesso nessuno vede ma che soltanto tu riesci decodificare.
Te li porti sulla pelle questi segni, tatuaggi invisibili, ci sono ma nessuno per fortuna li vede: sono draghi, farfalle, teschi e cuori trafitti.
Rappresentano le passioni, gli incontri sbagliati, quelli mancati, i sogni che avresti voluto realizzare. Fanno parte di te e te li senti scolpiti sulla pelle.
Sono profonde scarificazioni dell’anima, murales trasparenti sulle pareti della tua esistenza.
Ferite insomma e graffi che, se emergessero per davvero, non lascerebbero libero un centimetro di pelle. Ognuno di noi ce li ha, dentro.



Fonte foto: http://thecitylab.net/2013/06/06/kintsukuroi/




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